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Carnevale

“Febbràre, curte e amàre”. Con questo detto popolare i baresi vogliono intendere che Febbraio è il mese invernale metereologicamente più rigido e freddo; non è raro, infatti, il verificarsi nella nostra città copiose nevicate o giornate così fredde “ca te sinde tagghià la facce”. Ma Febbraio è anche il mese del carnevale (da carne da levare, “togliere la carne” con riferimento al giorno precedente la Quaresima in cui, secondo la pratica cristiana si deve cessare l’uso della carne). Molto belli e rinomati sono quelli di Rio de Janeiro, di Viareggio e Putignano con i loro bellissimi e giganteschi carri allegorici, il sempre più raffinato di Venezia e seguono tanti altri che seppure meno importanti diventano polo di attrazione per migliaia di visitatori. Il carnevale da sempre rappresenta l’occasione per far festa, per divertirsi insieme, per trascorrere qualche ora di allegra spensieratezza. Ogni regione, ogni città, ogni paese affonda le sue radici antiche in qualcosa che li contraddistingue, come ad esempio le maschere, una volta più conosciute e apprezzate; si ricordi l’Arlecchino e Brighella di Venezia, dottor Balanzone di Bologna, Gianduia di Torino, Pulcinella di Napoli, Meneghin di Milano, Stenterello di Firenze. Nei giorni di carnevale impazzano feste di piazza, veglioni, festicciole private e ai ragazzi viene concessa anche qualche giorno di vacanza scolastica. Tutti si sentono attratti dalla magica atmosfera carnevalesca e sottrarsi diventa quasi impossibile. E Bari? Come vive il suo carnevale? Ha una maschera tipica? Sembrerebbe proprio di no, anche se ultimamente un gruppo di studiosi pare che abbia individuato in un personaggio macchiettista, veramente vissuto, la maschera barese: Marchòff. Ma sembra più una forzatura che un fatto di vera tradizione. Invece i baresi, da sempre associano la festa di carnevale “al funerale de Rocche”. Rocco, nell’immaginario popolare barese è un contadino che, fatto becco da sua moglie, per la disperazione muore. Così si esegue “u funerale de Rocche”. Su un catafalco viene adagiato un fantoccio di paglia, vestito con abiti contadini e tra le mani giunte viene posta una carota gialla. Ha inizio la processione che attraversa le vie della città. Seguono il “morto” la moglie sconsolata, sorretta da alcune comare, gli amici di Rocco e quando si vogliono fare le cose in grande, anche da qualche componente di banda musicale, il corteo è preceduto dal prete che recita il de profundis e dispensa benedizioni alla salma e ai passanti. Tutti i personaggi, ovviamente, sono vestiti a maschera e sono rigorosamente uomini che, per l’occasione, indossano indumenti intimi femminili abbondantemente rigonfi tali da mettere in mostra forme generosissime e vistosissime, i visi truccati con colori pacchiani. La moglie per manifestare tutta la sua disperazione per l’improvvisa perdita, invoca a squarciagola il nome di Rocco e qualche altra frase dal senso equivoco. Il seguito, facendo il coro alla moglie, grida “Rocche iè muèrte… iè muèrte Rocche”. Si susseguono frasi e battute che suscitano grande ilarità tra la gente che assiste al passaggio del corteo. Agli spettatori occasionali, vengono offerti confetti tipici di carnevale ripieni di liquore, di mandorle e nocciole. La processione, sempre accompagnata da due ali di folla festante, è oggetto di lancio di coriandoli lunghi e piccoli. Verso sera inoltrata, i diversi cortei funerei si raccolgono in piazza Prefettura, dove simpaticamente si mandano sfottò molto coloriti. L’epilogo per tutti i fantocci è il fuoco, infatti la serata (martedì grasso) si conclude bruciando tutti “i Rocche”, mentre le mogli e i parenti disperatamente piangono e invocano il loro sfortunato congiunto. Il divertimento è assicurato! Una festa semplice, aperta a tutti che accomuna piccoli e grandi. Oggi,”u funerale de Rocche” non lo si vede più come anni fa e, soprattutto non è più seguito con passione dalla gente, distratta da costosissimi veglioni e da feste private che tolgono sempre più occasione di sana e genuina aggregazione popolare.
 
                                                                                                          Emanuele Battista
 
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