Open Nav emanuele battista

Natale

Natale, una festa celebrata in tutto il mondo e giustamente ritenuta, dai popoli cristiani, tra le più importanti dell’anno liturgico. A Bari il Natale rientra tra le “le fìiste potìnde”. Io, come poeta dialettale, ho dedicato una lirica a questa festività; i primi versi recitano così:
U venditrè dicèmbre iè na seràte particolàre, se respìre n'arie a tutte nu care. / Tutte fùscene da dò e da dà
pe pavùre de non acchià chèdde ca n'acattà. / Se strusce e se spènne senza lemetaziòne e no nze pènze chiù a le uà e la desperaziòne. / La fodde nanz'a la vanghe du marenàre e non 'mborte ca tutte iè chiù care. / Le famìgghie s'accòchiene pe ste scernàte, tutte 'nzime frate, sore e canàte. / Se sènde, l'attèse de la fèste e nesciùne vole fa’ u core tèste. Ecc… ecc…
Mi piace sottolineare il verso “Se sènde, l'attèse de la fèste », sì, perché si tratta di una grande attesa. Oggi, purtroppo questa attesa si consuma in una sfrenata rincorsa al consumismo per i regali, i doni sempre più belli e costosi che non devono deludere chi li riceve, ci si impegna per prenotare viaggi che portano al caldo di paesi tropicali oppure su cime innevate. Chi rimane in città s’adopera a un’altra corsa : la prenotazione del ristorante con cibi più sofisticati e meno tradizionali. Invece il Natale di qualche anno fa era tutt’altra cosa, l’attesa era vissuta con un senso religioso. Molte erano le iniziative per offrire a tutti l’occasione di partecipare alla novena, infatti, le comunità cristiane si organizzavano anche per svolgere la pia pratica di notte per coloro che iniziavano il lavoro alle prime ore del giorno (contadini, marinai, operai, massaie ecc…). In ogni casa veniva allestito il presepe con piccole spese, arricchito di pigne, rami di pino e di alberi di agrumi, ma sempre ricco di suggestioni ; solitamente veniva preparato il giorno dell’Immacolata (8 dicembre) e smontato il giorno della Candelora (2 febbraio). Il Natale, inoltre veniva vissuto anche nella preparazione dei pranzi e delle cene, le mamme e le nonne davano fondo a tutta la loro maestria ed esperienza proveniente dalla tradizione orale. Il primo posto era occupatao dai dolci natalizi e dai rosoli. La grande festa iniziava a tavola la sera della vigilia, di solito a casa della nonna. Per l’occasione le famiglie si riunivano intorno al caldo dei bracieri e s’accomodavano a tavola gruppi di venti, trenta persone. Ai piccoli, per problemi di spazio, veniva riservato un posto distaccato su deschi di fortuna. Di solito s’iniziava con gli spaghetti al tonno e capperi, i più fortunati con le cozze oppure con le teste e le code del capitone. Si passava ai ghiotti frutti di mare crudi, allora andavano per la maggiore cozze pelose, canolicchi, tartufi, ostriche e « le quicce » Per secondo, baccalà fritto, seguiva il capitone o l’anguilla arrostita con « fronze d’allòre e lemòne sop’a la fernacèdde ». Dopo si dava spazio « o sopatauue » : finocchi, olive, ravanelli, cicorie, sedano e frutta secca . Seguivano i mandarini. Il tutto inaffiato con « u mìirre tèste » (primitivo). A questo punto faceva ingresso la cosa più attesa : i dolci. Castagnelle con o senza « scelèppe », ottorone, occhi di Santa Lucia, cazzuicchi (panzerotti di marmellata di fichi), sassanelli, taralli dolci, paste reali ecc… ecc…. Ma la regina dei dolci natalizi era, e per fortuna rimane ancora, la cartellata. Dolce di sicura provenienza araba, si può preparare in diverse maniere con molte varianti. La pasta può essere preparata di sola semola o di solo farina oppure, come fanno quasi tutte, con farina e un po’ di semola. Fritti in olio di semi o di oliva. Imbevute con vincotto di fichi o di uva, arricchite con cannella, chiodi di garofano, con scaglie di cioccolato o semplicemente con « u-anesìne » (piccolissimi confetti colorati). E per la cartellata, ogni anno, nascevano diatribe e si creavano le fazioni a seconda delle preferenze degli ingredienti utilizzati. Lo scontro più acceso, però, era sempre sul vincotto, chi lo gradiva di fichi, più dolce rispetto a quello d’uva.
Terminata la cena con molta rilassatezza, le donne si organizzavano per rimettere ordine e lavare le stoviglie. Gli uomini ingannavano l’attesa giocando a carte (scopa, fresckòne, tre sette, primiera, briscola, « stoppe » ecc…). Arrivata l’ora tarda, tutta la famiglia, con i nonni in testa, si recava in chiesa per la messa di Natale. Lì, si riuniva tutta la comunità del vicinato e dopo la celebrazione ci si scambiavano gli auguri e qualcuno invitava a casa propria gli amici per un piccolo peccato di gola. Il giorno dopo si riprendeva con un altro pranzo luculliano, il giorno di Santo Stefano tanto per « rimanere leggeri », si preparava una generosa pasta al forno. Tutte le sere delle feste in tutte le case si giocava a tombola con premi modesti e quasi mai le poste erano costituite da denaro, bensì da cose modeste, mai inutili. Buon Natale.
                                                                                                          Emanuele Battista
 
Top