POESIE
Nonna Serafina
Nonna Serafina, la fernàre. Anche Barivecchia dal 4 marzo 2006 può vantare un’ultracentenaria, la prima in assoluto che ha raggiunto l’invidiabile traguardo di 102 anni.
Serafina Sebastiani, appunto, classe 1904, vissuti interamente a Barivecchia, sempre, senza mai uscire da queste stradine, corti, archi, antiche chiese, dove tutto profuma di storia passata, ma anche di cose semplici, genuine. È qui, come già detto, che Serafina ha ben speso tutta la sua vita senza mai lasciare la sua Barivecchia, nemmeno durante la seconda guerra mondiale quando il borgo si svuotò e i barivecchiani andarono sfollati. Furono anni difficili, gli anni della grande guerra, gli anni della carestia, della fame, si mangiava con la tessera del partito, si mangiava anche se non si aveva nulla da mangiare, solo perchè si doveva sopravivere, si doveva resistere per arrivare a domani, con la speranza nel cuore che tutto sarebbe finito. E Serafina, insieme a suo marito Giaghemìne (Giacomo), ogni giorno era li, nel loro forno di sop’a Sande Pìite (piazza San Pietro); e chissà quanto pane fu generosamente distribuito gratis a quella gente che non se lo poteva permettere di comprare. Una missione la loro, le giornate incominciavano presto, anzi prestissimo, quando era ancora notte, per andare al forno pe trembbà u ppane (preparare la pasta per il pane), quel pane che avrebbe sfamato intere famiglie, tutte numerose, tutte ricche di figli..., ricche solo di figli. Anche la sua era una famiglia numerosa, otto figli, tutti partoriti con parto naturale in casa con l’aiuto della vammàre donna Grazzièlle (l’ostetrica donna Grazziella). Quante storie, quanti fatti scorrono nei pensieri di nonna Serafina, in un ormai fumoso ricordo. Quanti cambiamenti si sovrappongono nelle sua mente; lei, ancora giovane, per preparare il fragrante pane andava in riva al mare per prelevare l’acqua marina. I suoi splendidi occhi celesti, colore del cielo di Bari nelle bellissime giornate di sole, sono ancora vivi, vispi; si capisce che appartengono ad una donna che ha vissuto intensamente senza risparmiarsi mai, avendo più a cuore la sua famiglia, i suoi figli, e i suoi numerosissimi nipoti e pronipoti che sono tutti li, intorno a lei a farle festa ogni giorno, anche quando festa non è. Ci dice Serafina, con voce ferma e chiara, in un dialetto bello, antico, armonioso, musicale, che ogni sera le sue figlie vanno a casa sua e lei le invita a giocare a carte e guai se qualcuna dissente, non c’è nulla da fare, non ci si può tirare indietro, si gioca e basta: non si discute; lei è sempre la mamma e la sua parola non va contraddetta. Le sue figlie dicono di questo grande amore che Serafina manifesta per la famiglia, lei è sempre allegra, iè scequannàre, ha sempre la battuta pronta; il suo eloquio è condito da proverbi, modi dire che sono propri delle persone anziane. Ma c’è una cosa che la fa soffrire, che la immalinconisce, che la rende spigolosa, scorbutica, ca nge fasce mètte u musse: quando viene a conoscenza che due suoi figli hanno litigato tra loro o coltivano dissapori. Serafina continua ad essere musona anche per mesi, fino a quando i figli si chiariscono e fanno pace. Grande donna, grande mamma Serafina, esempio di cristianità e di amore materno protettivo.
Oggi lei vive in via Verrone, vicine a due grandi chiese, S. Teresa dei Maschi e la chiesa dei Gesuiti, la sua casetta consta di una stanza e di un piccolo bagno, uno dei tanti settàne. Entrando si rimane colpiti da tre grandi ritratti in bianco e nero, uno di suo marito Giaghemìne, il secondo di suo figlio morto a quattordici anni e poi il terzo, bellissimo, di Sand’Andèe (San Antonio Abate). Al centro della stanza il grande lettone alto, con due materassi di lana, proprio come si usava una volta, di fronte il grande imponente comò e qualche sedia, per far accomodare gli ospiti che non mancano mai. Nonna Serafina vive in una condizione ideale per un’anziana, com anzidetto vive sola nella sua casetta, ma allo stesso tempo tène u ffiate de le figghie. Infatti le figlie e i nipoti, con molta discrezione, la controllano senza mai lasciarla sola; lei è più sotto controllo dei ragazzi della casa del grande fratello. Bravi, ammirevoli, esemplari!
Grazie, nonna Serafina, per la tua testimonianza d’amore cristiano.
Emanuele Battista
Serafina Sebastiani, appunto, classe 1904, vissuti interamente a Barivecchia, sempre, senza mai uscire da queste stradine, corti, archi, antiche chiese, dove tutto profuma di storia passata, ma anche di cose semplici, genuine. È qui, come già detto, che Serafina ha ben speso tutta la sua vita senza mai lasciare la sua Barivecchia, nemmeno durante la seconda guerra mondiale quando il borgo si svuotò e i barivecchiani andarono sfollati. Furono anni difficili, gli anni della grande guerra, gli anni della carestia, della fame, si mangiava con la tessera del partito, si mangiava anche se non si aveva nulla da mangiare, solo perchè si doveva sopravivere, si doveva resistere per arrivare a domani, con la speranza nel cuore che tutto sarebbe finito. E Serafina, insieme a suo marito Giaghemìne (Giacomo), ogni giorno era li, nel loro forno di sop’a Sande Pìite (piazza San Pietro); e chissà quanto pane fu generosamente distribuito gratis a quella gente che non se lo poteva permettere di comprare. Una missione la loro, le giornate incominciavano presto, anzi prestissimo, quando era ancora notte, per andare al forno pe trembbà u ppane (preparare la pasta per il pane), quel pane che avrebbe sfamato intere famiglie, tutte numerose, tutte ricche di figli..., ricche solo di figli. Anche la sua era una famiglia numerosa, otto figli, tutti partoriti con parto naturale in casa con l’aiuto della vammàre donna Grazzièlle (l’ostetrica donna Grazziella). Quante storie, quanti fatti scorrono nei pensieri di nonna Serafina, in un ormai fumoso ricordo. Quanti cambiamenti si sovrappongono nelle sua mente; lei, ancora giovane, per preparare il fragrante pane andava in riva al mare per prelevare l’acqua marina. I suoi splendidi occhi celesti, colore del cielo di Bari nelle bellissime giornate di sole, sono ancora vivi, vispi; si capisce che appartengono ad una donna che ha vissuto intensamente senza risparmiarsi mai, avendo più a cuore la sua famiglia, i suoi figli, e i suoi numerosissimi nipoti e pronipoti che sono tutti li, intorno a lei a farle festa ogni giorno, anche quando festa non è. Ci dice Serafina, con voce ferma e chiara, in un dialetto bello, antico, armonioso, musicale, che ogni sera le sue figlie vanno a casa sua e lei le invita a giocare a carte e guai se qualcuna dissente, non c’è nulla da fare, non ci si può tirare indietro, si gioca e basta: non si discute; lei è sempre la mamma e la sua parola non va contraddetta. Le sue figlie dicono di questo grande amore che Serafina manifesta per la famiglia, lei è sempre allegra, iè scequannàre, ha sempre la battuta pronta; il suo eloquio è condito da proverbi, modi dire che sono propri delle persone anziane. Ma c’è una cosa che la fa soffrire, che la immalinconisce, che la rende spigolosa, scorbutica, ca nge fasce mètte u musse: quando viene a conoscenza che due suoi figli hanno litigato tra loro o coltivano dissapori. Serafina continua ad essere musona anche per mesi, fino a quando i figli si chiariscono e fanno pace. Grande donna, grande mamma Serafina, esempio di cristianità e di amore materno protettivo.
Oggi lei vive in via Verrone, vicine a due grandi chiese, S. Teresa dei Maschi e la chiesa dei Gesuiti, la sua casetta consta di una stanza e di un piccolo bagno, uno dei tanti settàne. Entrando si rimane colpiti da tre grandi ritratti in bianco e nero, uno di suo marito Giaghemìne, il secondo di suo figlio morto a quattordici anni e poi il terzo, bellissimo, di Sand’Andèe (San Antonio Abate). Al centro della stanza il grande lettone alto, con due materassi di lana, proprio come si usava una volta, di fronte il grande imponente comò e qualche sedia, per far accomodare gli ospiti che non mancano mai. Nonna Serafina vive in una condizione ideale per un’anziana, com anzidetto vive sola nella sua casetta, ma allo stesso tempo tène u ffiate de le figghie. Infatti le figlie e i nipoti, con molta discrezione, la controllano senza mai lasciarla sola; lei è più sotto controllo dei ragazzi della casa del grande fratello. Bravi, ammirevoli, esemplari!
Grazie, nonna Serafina, per la tua testimonianza d’amore cristiano.
Emanuele Battista